L’economia circolare va in passerella

La maggior parte dei leader mondiali del fashion sta lanciando iniziative di sostenibilità e il modello di riferimento è quello dell’economia circolare che minimizza le risorse impiegate per la produzione e massimizza l’utilizzo del prodotto e il recupero dei materiali. Oggi il 60% dei materiali è sintetico e con i soli lavaggi immettiamo nell’oceano mezzo milione di tonnellate di microplastica all’anno. Esistono già tessuti alternativi che nascono dal riciclo di materiali di scarto ecologici, ma, per fare scale-up e avviare la produzione industriale di questi materiali innovativi, sono necessari l’impegno e l’investimento dei grandi player della moda.

Questo impegno va esteso anche alla gestione dei fornitori dei prodotti finiti. In questo caso, Porsche è un benchmark: la casa di Stoccarda ha creato un solido sistema di certificazione e monitoraggio continuo della sostenibilità dei propri fornitori e ne fa uno dei suoi elementi di forza. Assicurata a monte la sostenibilità dei materiali, diventa poi fondamentale agire sul fine vita del prodotto: si può incentivare la riparazione del capo, promuovere il recupero del materiale ma soprattutto eseguire un’adeguata progettazione del prodotto che renda possibili le prime due. Inoltre, sempre in ottica circolare ci sono altre possibilità per il settore della moda: da modelli di affitto, one-shot di un singolo prodotto o subscription mensile di un intero guardaroba, a modelli di re-commerce dell’usato, ovvero di riacquisto e rivendita da parte del brand stesso. Questi nuovi modelli di business, finora piuttosto inesplorati, possono diventare una nuova e importante fonte di fatturato.

In conclusione, l’adozione strategica della circular economy può contribuire simultaneamente al benessere del nostro pianeta e allo sviluppo competitivo dell’ecosistema della moda.

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Josef Nierling | Forbes Italia | Luglio 2019